Il Disturbo ossessivo e la metafora del pozzo
Questo articolo spiega come si viene trascinati nel Disturbo Ossessivo. Il motivo per cui non tutti vengono accalappiati e come fare per evitarlo.
Il post spiega attraverso una metafora il passaggio a docker.
La metafora del pozzo e il suo richiamo
Da bambino i genitori mi portavano con loro quando erano impegnati nei lavori di campagna.
Al centro del campo c’era un pozzo molto profondo. Per non farmi avvicinare ad esso mi dicevano delle cose che mi spaventavano tanto.
Da questo pozzo si prendeva l’acqua per bere e per innaffiare. La cisterna non aveva un muro di cinta, quindi qualsiasi persona, quando doveva prelevare l’acqua per bere doveva avvicinarsi, affacciarsi sull’orlo e sistemare una buona postura con i piedi divaricati, sul ciglio del pozzo. Per gli adulti non era difficile prelevare l’acqua, ma per un bambino era molto pericoloso.
Tentare di raccogliere l’acqua e affacciarsi era affascinante per un bambino, ma molto pericoloso, se incautamente si avvicinava per osservare l’acqua sottostante.
Il divieto di avvicinarsi era assoluto.
Il divieto faceva aumentare a dismisura la curiosità. E diverse volte sono stato sgridato in malo modo per essermi avvicinato sull’orlo.
Quando chiedevo per quale motivo non potevo guardare l’acqua o io stesso prendere l’acqua con il secchio, come vedevo fare ai miei genitori, mi rispondevano che se mi avvicinavo troppo una calamita mi avrebbe attirato giù e sarei morto.
Questo continuo a ripetermi della calamita, che attirava le persone in fondo al pozzo, creò in me un’ enorme paura.
E per tanti anni servì come deterrente per non farmi avvicinare troppo ad un pozzo, per paura di essere risucchiato in fondo.
Per tanti anni, anche quando ero grande e sapevo badare a me stesso, quando mi avvicinavo ad un pozzo, con un secchio attaccato ad una corda per prendere l’acqua, mi tenevo a debita distanza. Il pensiero della calamita continuava ancora a darmi terrore.
La metafora del Pozzo può essere utile per spiegare il disturbo ossessivo compulsivo.
Il dockers non è altro che un individuo caduto nel pozzo, che si dibatte per uscire fuori.
L’avvicinarsi al pozzo e il pensiero di una calamita che tira può essere comparato ad un pensiero inaccettabile che ci passa nella mente e ci crea grande turbamento.
Se siamo attenti a non pensare molto a quel pensiero che ci è passato in mente, non veniamo risucchiati nel loop o dagli automatismi del disturbo ossessivo.
Questo è quello che succede nelle persone libere, che non soffrono di disturbo ossessivo compulsivo. Costoro quando qualcosa di brutto passa nella mente, si distraggono e cercano di non pensarci più.
Una persona predisposta al disturbo ossessivo si lascia facilmente accalappiare e cade in fondo, nelle spire del doc. Il meccanismo della calamita è la seguente.
Immaginiamo che passa nella mente un pensiero inaccettabile, sconcio, malvagio, che crea paura.
Questa può essere un’immagine offensiva,sacrilega, un pensiero o una scena omosessuale, un pensiero di pedofilia, un pensiero indecente, un pensiero aggressivo o di contaminazione.
Questa visione, o pensiero, ci provoca una frustrata, parecchio sconcerto e inquietitudine, ma si continua a fare le cose. Ci distogliamo da quel contenuto mentale e,dopo un po’ non si pensa più. Senza colpo ferire tutto torna alla normalità.
Questo è quello che succede alla stragrande maggioranza delle persone, ossia alle persone che non hanno una predisposizione ad ammalarsi di disturbo ossessivo.
Cosa succede invece a chi è predisposto alle ossessioni?
Queste persone di fronte a immagini e a particolari pensieri, anziché allontanarsi e distrarsi, si fermano a considerare e indagare su quei pensieri.
La reazione è scioccante,sconvolgente e traumatizzante.
L’ analisi di certi pensieri imprigiona e afferra perché immediatamente crea il dubbio, che distrugge la fiducia.
La situazione crea sconcerto e nonostante tutti gli sforzi non passa via.
Come nella metafora del pozzo, la calamita ci ha attratti e trascinati nel vortice del loop.
Il risucchio è dato dalla valutazione di certi prodotti della mente.
Sono considerati:
– “ Pericolo”, “minacce alla nostra dignità di persona”, da risolvere e sbarazzarsi il più presto possibile.
-Un obbligo, un comando a cui si deve obbedire perché considerato un serio rischio.
– molto importante, che richiede tutta l’ attenzione.
Tali pensieri dominano la nostra attenzione e ci portano nella condizione di intrappolati, catturati, ‘presi all’amo’.
Osserviamo il dialogo interiore di un docker:
“Che cosa mostruosa ho pensato!! Mi vergogno! Una brava e retta persona mai penserebbe qualcosa del genere! “ [Sensi di colpa]
“ Devo analizzarmi e cercare nel mio inconscio. Può darsi che dentro di me c’è un impulso malvagio, blasfemo, criminale,incontrollabile che vuole proprio questo. Tu sei responsabile!” [Responsabilità]
“ Posso ammalarmi,beccarmi un’ infezione, un virus, un infarto, un tumore, una malattia”. E’ obbligatorio avere il controllo. [Controllo sullo stato di salute].
“E’ obbligatorio avere il controllo sul mio comportamento ( o di altri ). Queste azioni possono danneggiare, nuocere a me stesso, i miei familiari, altre persone o cose. Io sono responsabile!” [Responsabilità e Controllo]
Questi obblighi e comandi non sono altro che automatismi che servono ad incutere paura, soggezione e obbedienza.
A quale scopo? Il Doc esiste solo per cattiveria, perfidia e crudeltà?
No. Il messaggio segreto del doc è la crescita, la maturità, il distacco e autonomia.
Il doc è una specie di prova di forza per valutare il nostro grado di capacità di affrontare autonomamente la vita.
Qual è il messaggio della metafora del pozzo?
Quando arrivano certi pensieri nella mente non ti curar di loro. Se cominci ad analizzarli ti avvicini al loop.
Non essere curioso. Non indagare, non valutare e non pensare troppo a certi pensieri. Non provare vergogna di averli avuti. Non sentirsene responsabili. Evitare di ingaggiare una battaglia frontale con il Doc.
La vittoria è data dalla fuga. Non sentirsi dei vigliacchi se si sfugge al Doc.
Giusy dice
Interessante come argomento
Dott. Mario Di Nunzio dice
Grazie, Giusy.
Lia dice
Ciao sono una ragazza di 28 anni e vivo una relazione da 10 mesi con colui che era il mio migliore amico da più di 10 anni. È successo tutto all’improvviso; ho iniziato a vederlo in maniera diversa da circa 2 anni fa e nel frattempo io vivevo una storia turbolenta, durata 4 anni, con un altro ragazzo. Era una storia fatta di litigi e tira e molla e lui era la mia spalla, fin quando mi resi conto che le cose stavano cambiando, anche perché mi resi conto che al mio fianco avevo bisogno di una persona come lui, che mi valorizzava e con cui stavo bene. Prima di chiudere definitivamente la storia con il mio ex, durante un periodo in cui ci lasciammo, iniziai una sorta di relazione sessuale con il mio amico e la cosa si fece sempre più intensa: iniziammo a provare forti sensazioni e quando chiusi la mia storia con il mio ex, definitivamente, iniziai una vera e propria frequentazione. Seppur non riuscivo a fare a meno di lui, non ero sicura perché pensavo di amare ancora il mio ex, ma poi con il passare del tempo, mi resi conto che mi stavo innamorando di lui e mi buttai in questa fantastica storia che vivo tuttora. Fino a fine aprile, le cose sono sempre andate magnificamente; lui mi rende felice come non lo sono mai stata, sento che non mi manca nulla da quando sono con lui, iniziamo a progettare il nostro futuro insieme, pensando a una convivenza il più presto possibile e la nostra passione è sempre più alle stelle. La quarantena ci ha tenuto distanti due mesi, in quanto eravamo abituati a vederci ogni giorno e io ho iniziato ad avere dubbi. Premetto che, in quello stesso periodo, vivevo uno stato d’ansia, causato da problemi familiari. Di punto in bianco ho iniziato a pormi domande: È vero amore? E se non lo amassi o non lo ami come fa lui? Ho iniziato soprattutto a quantificare il suo amore rispetto al mio, ritenendo che il suo fosse più forte del mio. In realtà l’ho sempre un po’pensato, dato che fu lui ad innamorarsi prima e che ho sempre ritenuto che lui mi dimostrasse molto di più di quanto facessi io, ma non ho mai dato peso a ciò, prima di fine aprile. Questi dubbi si sono trasformati in una vera e propria ansia che mi lacerava, mi faceva venire da piangere, pensando di doverlo lasciare, ma al pensiero di perderlo stavo malissimo e piangevo. Ho pensato che non mi attraesse nemmeno più fisicamente.Ne ho parlato con lui e lui riteneva che fosse un problema della distanza e che appena ci fossimo visti, sarebbe passato. Poi dopo due mesi ci siamo visti e in realtà le cose non cambiarono, anche se di persona con lui stavo bene, sempre con un po’ di ansia di stare male dopo, e piano piano, anche stando con lui fisicamente, ho ricominciato a vederlo in maniera diversa. Arrivati ai momenti attuali e vedendoci più spesso, la mia ansia sta scomparendo, ma ancora non sto molto bene. Vivo comunque con l’ansia che non mi piaccia più come prima, quando poi quando sto con lui, la nostra passione è sempre più forte e in sua compagnia sto benissimo. A volte, quando sto con lui, ho comunque quell’ansietta o timori che non mi possa piacere, scrutando attentamente il suo viso o con la paura di stare male dopo, ma ora è molto meno rispetto a prima. Leggendo su internet e il suo articolo, mi sono rispecchiata nel disturbo compulsivo da relazione e spero tanto sia questo perché, al pensiero di stare senza di lui, io mi sento soffocare.
Dott. Mario Di Nunzio dice
Buonasera Lia,
guarda che si può stare tranquillamente e affettivamente bene con una persona anche se passa qualche dubbio per la testa!
Come si fa? Non dando importanza a quei dubbi, non cercando la perfezione nel rapporto, non cercando le farfalline nello stomaco e
l’ Amore con la ” A” maiuscola.
Tutte le coppie che stanno insieme da parecchio tempo hanno momenti di alti e bassi, ma mica mettono in discussione il rapporto.
Vivi la tua vita e accettati anche quando hai quegli alti e bassi, le ansie, ecc. Questo è solo il dubbio che ti fa stare così.
Hai detto che “… al pensiero di stare senza di lui, io mi sento soffocare” Vero?
Allora cosa vai cercando?
Un saluto.
Dott. M. Di Nunzio