Guarire dalle fobie e ossessioni
Il disturbo ossessivo in passato era etichettato ‘nevrosi fobico-ossessiva’. Ora la dicitura corrente è disturbo ossessivo-compulsivo, dissociando le ossessioni dalle fobie.
Non c’è molta differenza fra una fobia e una ossessione. Nelle fobie le situazioni ansiogene da evitare sono esterne, esplicite, comprensibili, chiare e visibili. Una persona sta male in quelle situazioni o in certi ambienti, ma lontani dalle situazioni ansiogene non ha più sofferenza.
Con le fobie si recupera il controllo con l’evitamento.
La fobia è molto efficace nel suo obiettivo di creare evitamento. Praticamente innesca l’immaginazione del pericolo sulle peggiori catastrofi che potranno capitare.
E’ la percezione di tali conseguenze che alimenta l’ansia e la paura. Infatti l’ attenzione del soggetto è completamente catturata e spinge all’evitamento di quelle situazioni.
La fobia è una difesa perché fa allontanare dalla zona ritenuta pericolosa.
Nel disturbo ossessivo la minaccia è invisibile. Il pericolo proviene dal profondo di noi stessi.
I sintomi del disturbo ossessivo sono difese contro una minaccia interna. Le ossessioni danno molta sofferenza, ma sono efficaci a non far abbassare la guardia, a tenere desta l’ attenzione contro la minaccia interna.
L’imperativo del disturbo ossessivo è : “ Non posso, non devo distrarmi. E’ terribile se perdo il controllo…” Quindi: PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO.
Anche nelle fobie c’è questo imperativo: “Se sono in ascensore, in autostrada, in mezzo alla folla, temo di sentirmi male, devo evitarlo , sarebbe una figuraccia …” . Ma essendo situazioni o posti minacciosi chiari e specifici, si possono evitare.
Con le ossessioni non si può evitare, perché la minaccia è dentro di noi, è terribile, è sconosciuta, senza controllo. Può accadere in qualsiasi momento. L’ imperativo: “ Non posso distrarmi, il pericolo è dentro di me. E’ fuori dal mio controllo. Non posso evitarlo”.
Il paziente si sta difendendo contro una terribile minaccia. C’è molta ansia perchè immagini intrusive alimentano il disturbo in modo continuo e senza sosta. Rituali e condotte compulsive forniscono una qualche sensazione di controllo e rassicurano per un po’.
Le immagini, i pensieri e le compulsioni sono la sofferenza e il fastidio maggiore per il paziente DOC, ma sono utili, perchè tengono viva l’attenzione, e aiutano a non perdere il controllo. Quello che teme di più il paziente fobico-ossessivo è proprio la paura di perdere il controllo.
L’ ossessione e la compulsione sono difese che servono al paziente per prevenire guai maggiori. E’ meglio non toccare queste difese; per il soggetto il problema più grande è la paura di perdere il controllo. I sintomi fobici-ossessivi andranno via quando non serviranno più.
Le terapie che vanno ad attaccare solo i rituali e la sintomatologia ossessiva non fanno un buon servizio.
Il paziente teme la peggio, visto il tipo di conseguenze catastrofiche suggerite dalla sua immaginazione.
Lo scopo di queste immagini catastrofiche e intrusive è quello di non far mollare il controllo.
Esaminiamo un caso clinico per studiare il meccanismo fisiologico del disturbo.
Esaminiamo la paura dello sporco e la compulsione di lavarsi le mani di un caso clinico di una paziente con disturbo ossessivo-compulsivo.
L. è una paziente di 36 anni. Soffriva di ossessioni e compulsioni alla pulizia. Provava perennemente paura di essere sporca e una necessità compulsiva di lavarsi le mani, anche fino a scorticarle.
Nel racconto della storia personale L. riferisce di aver ricevuto una rigida educazione sessuofobica: considerava la sessualità una cosa sporca. Ad ogni pensiero e immagine di natura sessuale, era invasa dall’ ansia e dalla necessità di lavarsi le mani.
Ogni segno di tensione interna, di turbamento o di ansia scattava la necessità di andare a purificarsi e lavarsi: ‘ si sentiva sporca ‘ perché aveva avuto desideri e immagini a sfondo sessuale.
Comando interno: “Ogni desiderio di natura sessuale è peccaminoso,sporco e pericoloso. Io non posso accettare ‘essere sporca’ !!”.
La terapia, svolta con successo, ha tenuto in secondo piano l’eccessiva attenzione verso i sintomi del sistema ossessivo- compulsivo, non ha cercato di bloccare l’ esigenza compulsiva del lavaggio, ma ha lavorato per riportare alla luce il suo concetto di ‘sporcizia’ e gli episodi della storia personale carichi di emotività.
E’ stato un lungo processo curativo di desensibilizzazione e di cancellazione degli episodi del passato della memoria emotiva.
-Perché non si vince sul disturbo ossessivo?
Finora le terapie sul Disturbo Ossessivo-Compulsivo (D.O.C.) non hanno avuto un soddisfacente successo perché hanno mirato alla sintomatologia superficiale.
Il sintomo serve a mantenere desta l’attenzione. E’ estremamente efficace a creare evitamento perche, per paura di perdere il controllo, fa immaginare le peggiori conseguenze.
Le sorgenti dell’ ansia sono altrove, nella storia passata del paziente.
La cura deve perseguire seguendo due percorsi: attenuazione della sintomatologia e costruzione di una mappa che va dai sintomi alla ricerca dei motivi profondi, delle regole di comportamento ossessivo e l’intervento riparativo.
Alcune delle regole che mantengono l’architettura nevrotica è la ricerca del perfezionismo, la ricerca della sicurezza, della competenza, della padronanza, delle abilità, altrimenti :‘se non sono perfetto succede qualcosa di terribile.
Quali sono allora gli episodi e i ricordi che spingono e sollecitano al perfezionismo?
Come piano operativo questi episodi si devono ricercare nella storia personale.
In questi soggetti le normali ansie e insicurezze sono segni negativi .
In molti casi si trova la regola di non ‘essere debole come qualcuno a cui non si vuole assomigliare’. Questo è un comandamento che governa la struttura caratteriale.
Le normali ansie e insicurezze possono essere segni negativi di debolezza che va contro la regola inconscia di non mostrare debolezza e insicurezza, allora il comando interno è evitare di farsi scoprire deboli, insicuri e non all’ altezza.
Non si può accettare di avere dubbi, incertezze o insicuri perché in passato era una cosa non accettata.
La paura di scoprirsi ‘Non Perfetti’ e insicuri, si scontra con la regola ‘Devo essere perfetto’.
Devo stare attento a non lasciar trapelare qualche mia insicurezza, altrimenti succede qualcosa di veramente brutto’ ( in passato le insicurezze provocavano ansia a cui seguivano sgridate e insulti da parte di in qualche adulto ).
Da qui è stata creata l’ imposizione: ‘Se mi mostro timido, insicuro o diverso ne va di mezzo la mia considerazione sociale. Non è accettabile. Io devo essere perfetto! ’
Il disturbo ossessivo si regge sui fantasmi del passato. La regola di fondo può essere: “Devo essere perfetto, bravo, in gamba, senza paure e senza insicurezze, perché le insicurezze non sono assolutamente accettate. Se sono insicuro non va bene. Se ho ansia non va bene. Se non sono perfetto non va bene. Se ho dubbi non va bene”.
L’ossessione viene guarita con la rimozione della regola di base: “ Non posso mostrarmi debole”.
Possiamo affermare che il meccanismo neurofisiologico della creazione e del mantenimento un’ ossessione è la paura di perdere il controllo, paura dell’ ansia, paura della paura, turbamento e preoccupazione per i dubbi, le incertezze e la non conoscenza della situazione.
Nel nostro cervello si crea l’ansia, tensione o panico quando valutiamo di non avere la capacità o schemi comportamentali efficaci.
Il timore e il dubbio di non essere capaci a fronteggiare una certa situazione produce senso del pericolo e ansia.
In mancanza di adeguati comportamenti e azioni valide, l’ impulso nervoso del cervello non trova sfogo; l’energia bloccata prende l’ultima via possibile: quella dell’ emergenza, la via ipotalamica. L’impulso nervoso dirottato attraverso questa via, va a sollecitare il Sistema Neurovegetativo o Sistema Nervoso Autonomo, che provocano i sintomi dell’ ansia, del panico e, quindi, la paura.
Il meccanismo neurofisiologico della fobia o dell’ ossessione si muove su due versanti: una parte cosciente rappresentata dai sintomi e una parte inconscia che funge da motore della fobia.
Il fobico e l’ossessivo hanno l’ attenzione fissa sui sintomi perchè dolorosi e invalidanti, ma in realtà il problema è altrove, il più delle volte parecchio lontano dalla paura originaria.
Come vincere le fobie,allora? Concentrarsi sul sintomo con l’intenzione di eliminarlo è una procedura errata, perché spesso i sintomi sono una difesa.
Finora molte terapie si sono concentrate solo sui sintomi, intaccando in modo trascurabile il problema fobico. Possono dare un sollievo superficiale, ma raramente vanno a modificare il motivo profondo del conflitto.
Bisogna ricercare il significato reale di questa fobia.
Bisogna chiedersi: “Perché ho queste paure? Qual è il significato di questi turbamenti?”.
Possibile risposta:- Devo evitare queste situazioni, o situazioni simili, perché non riesco a sopportare l’ansia che queste mi provocano.
Domanda: “Perché non riesci a sopportarla?
Possibile risposta: –Perché non posso accettare di vedermi ansioso, insicuro, incerto, dubbioso.
Domanda:- Non accetti l’ansia? Non ti accetti debole o insicuro? Quindi non ti accetti se sei ansioso, insicuro o fragile? Devi dimostrare a qualcuno che non sei un debole? A chi devi dimostrare che sei a posto, che non sei debole, che non sei timido e che non hai debolezze? Chi è questo ‘qualcuno’? A chi devi far vedere che sei in gamba e senza debolezze?”
Spesso questo qualcuno è il padre o qualche altra persona significativa.
Il motivo può essere che quel genitore aveva paura lui stesso e non accettava la debolezza del figlio, perché non accettava la sua insicurezza. Una proiezione della sua debolezza che non accettava o che non poteva accettare.
Cosa c’entra con la fobia, l’ossessione e con la sintomatologia?
Il soggetto non si accetta di essere ansioso, debole e insicuro. Considera pericoloso questi sentimenti.
In certi posti, in alcune situazioni, nelle situazioni sociali si può provare ansia e insicurezza. Si teme di non essere capaci di affrontare certi contesti ansiogeni. Ma il vero problema è che non può accettare la sua ansia.
Il problema della mancata accettazione dell’ ansia e della debolezza di carattere fa evitare le situazioni che provocano ansia.
La sintomatologia fobica si realizza per effetto del processo di generalizzazione, diffusione ed espansione del senso di pericolo.
Quel posto, quella circostanza, quell’animale o quelle persone diventano motivo di paura,oggetti fobici perché provocano un’ansia e una insicurezza che la persona non può accettare.
‘Mio padre mi considerava un debole, un pappamolla,si incazzava e non aveva fiducia in me, quando mi scopriva fragile.
Si innervosiva e si incazzava se gli altri non gli risolvevano i problemi. Ho capito che era più insicuro di me’.
‘Non ho mai accettato di essere ansioso,pauroso e insicuro. Non potevo permettermi di accettarmi insicuro. Evitavo situazioni in cui provavo queste emozioni. La mia fobia della guida. Ad esempio,in autostrada una volta immesso e oltrepassato il casello non puoi tornare indietro. Anche se sei in ansia, sei costretto’, devi aspettare il prossimo casello per uscire. Per questo evitavo anche altre situazioni in cui mi vedo ‘costretto’ e senza vie di uscite’.
La paura dell’ insicurezza e la presenza di ansia che non si possono accettare immaginare immaginare terribili incidenti stradali. ‘Per questo evitavo di guidare e prendere le autostrade’.
Si evitano le situazioni in cui si rischia di provare ansia, perché c’è la necessità di mostrare sicurezza ‘a qualcuno’. Il copione è quello di evitare le situazioni ansiogene. Il timore di non sapere fronteggiare una situazione dà ansia, quindi sono da evitare.
In terapia si guarisce quando si scopre cosa si nasconde dietro ai messaggi dei sintomi.
Il lavoro terapeutico procede in una revisione e rielaborazione della storia personale.
Come suggerito dalla terapeuta Claudia Rainville, nel suo libro:’ Ogni sintomo è un messaggio’ (editore Amrita-2015) il massimo risultato e la guarigione si raggiunge quando in maniera immaginativa il genitore viene a scusarsi, ad ammettere la sua paura di debolezza, a liberare il figlio/a e a incoraggiare una sua libera crescita e autonomia.