LA TIMIDEZZA
By Dott. Di Nunzio Mario
La timidezza è una forma di ansia ‘sociale’ , generalizzata a molte situazioni.E’ un disagio o inibizione nelle situazioni interpersonali che interferisce al raggiungimento dei propri obiettivi interpersonali e professionali.
Una tendenza profonda a stare in disparte .
La Timidezza è una
-una inibizione del comportamento;
– un’ impossibilità al comportamento;
– non sapere come comportarsi e paura di emettere qualsiasi comportamento
– paura di essere esposti al giudizio degli altri e non sentirsi accettato
-paura delle critiche
-esitazione nel fare delle scelte autonome per timore di rimproveri.
Come conseguenza di queste difficoltà sociali si ha:
1. Comportamenti di evitamento nelle situazioni sociali e lavorative in cui è implicato un contatto interpersonale significativo;
2. Inibizioni nelle relazioni intime per timore di essere umiliato o ridicolizzato;
Preoccupazione di venire criticato o rifiutato in situazioni sociali;
Sensazione di essere socialmente inetto e incapace.
La timidezza si manifesta secondo quattro livelli di azioni:
1. Comportamento: inibizione,passività,rigidità fisica,balbettio, nervosismo, evitamento dello sguardo;
2. Reazione fisiologica : rossori, tremori, tachicardie,vertigini, sudori,senso di irrealtà, timore di perdere il controllo);
3. Convinzioni : pensieri negativi su di sé, timore dei giudizi negativi da parte degli altri, ruminazioni,perfezionismo, atteggiamento caratterizzato dall’attribuzione dei propri insuccessi a cause interne a loro stessi: ogni volta che si verifica un fallimento il timido si condanna, si critica ferocemente e finisce con l’attribuirsi delle auto-valutazioni negative stabili nel tempo; bassa autostima ;
4. Emozioni: imbarazzo, vergogna, tristezza,solitudine, depressione, ansia.
Paradossalmente, uno psicologo e un ingegnere del comportamento, che vorrebbe progettare e realizzare un comportamento di timidezza dovrebbe:
-punire sempre e dare punizioni in modo imprevedibile e senza senso, in modo da togliere al soggetto qualsiasi certezza.
-le punizioni devono essere date in modo da procurare ansia, molta incertezza, in modo da installare insicurezza.
-creare dipendenza affettiva.
-punire tutti i tentativi di iniziativa.
-prendere in giro continuamente sia se il soggetto fa bene , sia se fa male.
-l’ ingegnere di questo folle comportamento non deve incoraggiare mai, ma rimproverare sempre.
-il soggetto deve disapprovarsi e condannarsi da solo, dopo ogni contatto pubblico.
-non deve mai provare soddisfazione delle cose che dice.
-deve assicurarsi che il soggetto sia a disagio perchè non sa mai cosa dire.
-che sia a disagio per come si comport;
-che non sia mai contento del suo aspetto fisico;
-assicurarsi che si senta sempre a disagio e fuori luogo
-assicurarsi che non si senta mai accettato e, possibilmente, emarginato e rifiutato.
Queste sono le cause psicologiche della timidezza; vale il contrario per non far cadere in questa trappola.
Origini della Timidezza
Le cause della timidezza sono sconosciute. Sono state fatte diverse ipotesi, ma non ancora si è arrivati ad una conclusione accettata unanimamente.
E’ stata, però, individuata una predisposizione genetica e familiarità: genitori timidi, poco comunicativi o inibiti è molto probabile che trasmettono tali problemi ai figli.
E’ stata riscontrata una relazione tra le scarse abilità psicosociali e alcune caratteristiche del temperamento: l’umore nero, l’elevata intensità delle reazioni e la scarsa adattabilità.
Secondo alcune ricerche è stato trovato che la timidezza sembra essere un sintomo della fobia sociale o una caratteristica del carattere introverso, anche se non sempre in un carattere introverso è presente timidezza.
Molto spesso causa di timidezza sono stati i fattori ambientali ed educativi. Le inabilità educative e familiari, le critiche frequenti, un ambiente stressante a scuola, le difficoltà relazionali con i genitori sono causa di difficoltà sociali .
Si è visto anche che bambini che abitano in ambienti isolati, come in casolari di campagna o nelle periferie dei centri abitati, ossia in ambienti poveri di relazioni sociali, hanno difficoltà di inserimento nei gruppi scolastici o sociali, per carenza di sviluppo di abilità sociali. Si sentono tagliati fuori anche perché avendo poche conoscenze o amicizie, manca loro il tramite, o l’ amico,per l’ inserimento nel gruppo.
Come buona pratica educativa, un insegnante che ha in classe un bambino timido e isolato, che preferisce banchi periferici o gli ultimi posti , anziché “forzarlo o accusarlo di vigliaccheria” può collocarlo in banchi strategici , verso i primi posti, “ al centro o lungo le vie della comunicazione”. I bambini più abili socialmente possono, invece, occupare posti periferici, perché la loro comunicativa coinvolgerà anche il bambino timido.
L’atteggiamento degli insegnanti e dei genitori che appare migliore sembra essere supportivo ma non iperprotettivo, in modo da incoraggiare l’approccio di nuove situazioni e comportamenti.